Ancora decapitazioni, l’evoluzione del terrorismo.

Perché i jihadisti decapitano?

Pratica indissolubilmente legata all’Islam? Per un estrema un’umiliazione dell’infedele? In realtà, è soprattutto una tecnica mediatica dei nuovi estremisti islamici.

La domanda è: perché gli estremisti islamici decapitano i loro “nemici”? E c’è un legame tra Islam e decapitazioni sommarie, con tanto di efferati e cruenti video?

La decapitazione nelle culture mondiali. Innanzitutto, la decapitazione è una pratica omicida millenaria, legata a un gran numero di culture. Tuttavia, l’unico che ancora contempla la decapitazione nei suoi codici penali è effettivamente un paese islamico come l’Arabia Saudita.
Nel Corano ci sono alcuni riferimenti che possono far pensare alla decapitazione del nemico.

Alla sura 8, versetto 12 si legge: “E quando il tuo Signore ispirò agli angeli: ‘Invero sono con voi: rafforzate coloro che credono. Getterò il terrore nei cuori dei miscredenti: colpiteli tra capo e collo, colpiteli su tutte le falangi!'”.

E poi, sura 47, verso 4: “Quando incontrate i miscredenti, colpiteli al collo finché non li abbiate soggiogati, poi legateli strettamente”.

Secondo diversi esperti, oltre a una sorta di rito antico, la decapitazione perpetrata dagli estremisti islamici dunque avviene innanzitutto per due motivi. Il primo: a differenza del passato, questa è la più agghiacciante profanazione del corpo del nemico, perché divide la testa, cioè la mente e il cervello, da tutto il resto. Alcuni estremisti islamici, secondo le testimonianze negli anni, credono che questa pratica condanni irrimediabilmente il nemico alla dannazione eterna. Tuttavia, questa credenza non trova conferma nei testi sacri dell’islam. Il secondo motivo, invece, risiede tutto nel terrore mediatico che lo Stati Islamico vuole diffondere nel mondo grazie ai media e soprattutto a Internet e social network.

Decapitare per rito mediatico.

Oggi dunque la decapitazione è diventata soprattutto un rivoltante rito dedicato agli spettatori, più che alle povere vittime. Mostrare le teste mozzate sui social network, infatti, è diventato quasi un must per i jihadisti per avere più retweet possibili.

Orrore in Mozambico, 50 decapitazioni.

Più di 50 persone sono state decapitate e smembrate in alcuni attacchi sferrati da miliziani legati all’Isis: è l’ultimo orrore dei jihadisti islamici ed è accaduto nel nord del Mozambico, nella provincia di Cabo Delgado. A denunciarlo Bernardino Rafael, comandante della polizia del Mozambico.

Gli assalitori hanno colpito alcuni centri abitati nei distretti di Miudumbe e Macomia, uccidendo civili, rapendo donne e bambini e dando fuoco alle case. Dal villaggio di Nanjaba sono state portate via numerose donne, al probabile scopo di farne schiave sessuali.

Nel villaggio di Muatide oltre 50 uomini sono stati radunati nel locale campo da calcio, trasformato in un mattatoio dai terroristi, che hanno tagliato la testa alle loro vittime e poi hanno fatto scempio dei loro corpi tagliandoli a pezzi con i machete. C’è di sicuro un’ispirazione, dal momento che, nelle immagini diffuse dal gruppo, i miliziani sfoggiano i passamontagna e i vessilli neri dello Stato Islamico. 

Bisogna essere sempre preparati.

Progettare un piano.

Il terrorismo può essere una forma di lotta politica e può consistere in una serie di azioni violente e premeditate come gli attentati, le stragi, i sabotaggi, ai danni di  nazioni, gruppi etnici ma anche gruppi di fedi religiose. I gruppi terroristici sono organizzazioni segrete costituite da pochi individui combattenti. Il terrorismo esiste perché è più veloce del sistema politico, poco costoso, mobile, di bassa tecnologia, e soprattutto efficace. E’ una condizione dura da sconfiggere e il metodo migliore per affrontare un attacco terroristico è di strutturare un piano di sopravvivenza; come ad esempio la progettazione di un piano di evacuazione per te stesso e per la tua famiglia, simile a quelli stilati per  le altre minacce conosciute.

Pensaci.

Pensaci e soprattutto bisogna utilizzare una serie di cautele che evitino di mettere in pericolo sé stessi e gli altri ed è necessario segnalare qualsiasi possibile «anomalia». Per questo nella pianificazione delle misure gli stessi responsabili degli apparati di sicurezza dividono gli eventi in tre momenti: «prima, durante e dopo».

Prima

Il momento che precede la tua vita regolare, può esserti utile per individuare le vie di uscita e le strade più semplici per poter lasciare in fretta le strutture in caso di necessità, ma anche per poter valutare chi si ha intorno ed eventuali segnali di pericolo.

Per questo uno dei suggerimenti è quello di «fidarsi del proprio istinto, senza avere timore di segnalare eventuali anomalie».

Prima di arrivare, pianifica qualsiasi tuo movimento. La reazione immediata deve essere quella di rivolgersi a un appartenente alle forze dell’ordine che si trova sul posto segnalando con discrezione se vi fossero dei problemi. Senza fare allarmismo, è importante far valutare a chi ha maggiore esperienza e soprattutto capacità di analisi delle situazioni se esiste realmente un rischio. In particolare si deve fare attenzione a tutte le persone che mostrano atteggiamenti strani o comunque hanno caratteristiche, che esulano dall’ordinario. Se l’evento avviene d’estate, bisogna guardare chi indossa capi troppo pesanti, i giubbotti per esempio potrebbero essere utilizzati per nascondere armi o esplosivo. Anche chi mostra di fare sforzo trasportando borsoni o scatole potrebbe nascondere un’insidia.

Durante

L’attenzione deve rimanere alta sia per prevenire eventuali pericoli che possono arrivare da persone intenzionate ad attaccare, sia per evitare psicosi o addirittura attacchi di panico collettivo. È fondamentale mantenere il controllo di sé stessi anche in situazioni che possono rappresentare un pericolo e occuparsi di eventuali persone al seguito, siano essi minori o soggetti non perfettamente autonomi.

«bisogna ricordarsi che le autorità lavorano per garantire la sicurezza di tutti e dunque rivolgersi per ogni esigenza ai rappresentanti delle forze dell’ordine». E quindi avere «la consapevolezza che rispettare le regole significa essere parte del sistema»

È importante «individuare il personale dello staff o della sicurezza a cui chiedere aiuto o comunque chiarimenti in caso di bisogno». Fondamentale è la collaborazione con le forze dell’ordine per quanto riguarda i controlli.

Dopo

E’ importante evitare di stazionare nelle aree interne o comunque nei perimetri esterni che si trovano nelle immediate vicinanze delle strutture. In caso di pericolo è indispensabile individuare un rifugio che possa consentire di mettersi al riparo e di tenere con sé le persone. La ricerca di persone può infatti ostacolare le verifiche delle forze dell’ordine e — qualora ci sia stato un incidente — impedire di aiutare chi è con noi a mettersi in salvo. Per questo bisogna sempre tenere sotto controllo i minori e provvedere agli spostamenti di chi non ha piena autonomia. In caso di emergenza bisogna però evitare di prendere iniziative, è importante attenersi alle disposizioni che arrivano dalle autorità o comunque dalle persone che sono addette alla sicurezza.

Se c’è stato un indicente o un attacco è fondamentale che venga consegnato alle autorità tutto il materiale che si ha a disposizione, vale a dire fotografie, video, immagini anche sfuocate. Non bisogna sottrarsi a un eventuale interrogatorio. Anche se ci si rende conto soltanto in seguito all’evento di possedere qualcosa che può essere utile alle indagini, è bene rivolgersi alla polizia o ai carabinieri che possono anche garantire l’anonimato del testimone in cambio della collaborazione. È raccomandabile fissare i volti delle persone che ci stanno accanto, tenere a mente dettagli apparentemente insignificanti ma che invece possono diventare fondamentali per individuare eventuali colpevoli.

Terrorismo e impatto mediatico

Il copione è sempre lo stesso: atto terroristico, rabbia, manifestazioni di solidarietà. Se l’informazione corrisponde alla produzione di conoscenze controllate intorno a determinati episodi, la comunicazione ha lo scopo di orientare il modo di pensare del pubblico, nel senso previsto e voluto da chi comunica. La comunicazione in senso generale, e con essa l’informazione, sia giornalistica sia televisiva, rappresentano un grande potere che porta con sé un’altrettanto grande responsabilità.

Come di regola, ormai a ogni attentato la tv nostrana ci ripropone i soliti volti noti che di terrorismo, Islam, immigrazione e/o argomenti correlati sanno ben poco, ma proprio in quanto ‘volti noti’ hanno la presunzione di sapere tutto, creando una totale disinformazione. Stessa cosa vale per articoli scritti per manifestare il proprio disappunto, senza però aver alcun affinità con il tema trattato. Ancora con i cadaveri a terra e le operazioni in corso, qualche politico era già pronto con la propria battaglia personale ad accusare questa o quella corrente politica speculando così su eventi tragici.

Il noto giornalista polacco Kapuscinski, scomparso nel 2007, aveva dichiarato: “I media, anche quando non prestiamo loro fede, anche quando riteniamo che mentano, hanno un’enorme influenza sull’uomo, in quanto stabiliscono in sua vece l’elenco degli argomenti, limitando così l’attività di pensiero a una serie di informazioni e opinioni impartite dall’alto”.

Raccontare il ‘terrorismo’ infatti non è assolutamente facile, semplificando sarebbe come voler raccontare le motivazioni o giustificazioni delle azioni di un pazzo. Nessuno può prevedere le prossime mosse perché il ‘terrorismo islamista’, se così vogliamo chiamarlo viaggia su frequenze diverse. Quelle che fino a oggi erano le nostre certezze, con gli ultimi eventi perdono terreno e siamo costretti a fare qualche passo indietro.

Alcuni aspetti come l’identikit del terrorista tipo, ad esempio, vengono a mancare. Sparisce l’elemento fortemente identitario e celebrativo legato al martirio: il terrorista non si suicida più, in alcuni attentati, ma cerca di scappare per poter pianificare altri atti .

Si dovrebbe evidenziare che il reclutamento terrorista è immediatamente legato all’esclusione sociale, motivo per cui la causa jihadista esercita un profondo appeal soprattutto sulle seconde e terze generazioni delle comunità islamiche immigrate, rappresentando un’irrinunciabile occasione di riscatto per schiere di giovani gonfie di risentimento e vendetta.

La radicalizzazione ora, non avviene più, o non solo, in carcere o in qualunque altro luogo di aggregazione, ma può avvenire tra le proprie mura domestiche attraverso Internet è un vero e proprio vettore di ideologia, fanatismo e potenziale reclutamento.

Per questo la comunicazione diventa essenziale nella trasmissione di notizie e informazioni che non devono essere manipolate semmai dovrebbero garantire la ricerca di verità nascoste che si celano dietro dichiarazioni ufficiali e comunicati emessi dalle fonti.

https://www.studentville.it/studiare/terrorismo-islamico-cause-origini-e-storia/

Vi lasciamo con un video interessante fatto tre anni fa ad un amico speciale di A.S.D. Difesa Sicura, ex militare “Sergente Sierra”.

Per informazione contattateci al 3421221518.

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